giovedì 19 dicembre 2013

Sempre più convinta...

Se sei convinto di fare scuola in un certo modo, devi armarti di tanto coraggio e portare avanti la tua idea di bellezza...
Io lo sto facendo e mi rendo conto che nelle nostre classi la fretta tiranneggia poco.
A volte qualcuno che non è maestro può pensare che si stia perdendo tempo, ed è quello che la scuola deve saper fare: " perdere" tempo per abbracciare le cose importanti.
Vorrei dire poco, solo amarezza perché Gianfranco Zavalloni non è più tra noi e sarebbe stato un faro per le generazioni di insegnanti che si trovano a fare i conti con il tempo, con la fretta, con i programmi, con l'ansia del quaderno perfetto e pieno di parole...
Parole che spesso restano semplicemente chiuse tra i binari di un foglio di classi prime, seconde, terze, quarte e quinte...
Invece le parole devono anche volare, sì proprio così! Volare e liberarsi nelle classi e fuori di esse, dopo letture di storie, dopo l'ascolto di canzoni, all'inizio di una mattinata grigia...
Le parole fanno bene e quando i bambini sanno che possono averne di buone, qualunque sia la quantità, qualunque sia la forma...si sta camminando verso la conoscenza. 
Io ho due edizioni della Pedagogia, questa e l'altra che è un'edizione ampliata, comperata lo scorso anno.
Molte di voi hanno già letto il libro, ma lo consiglio lo stesso, perché non è solo un libro per "addetti ai lavori", ma una riflessione globale sugli aspetti molteplici dell'essere umano e su quanto il rispetto venga davvero sottovalutato nella nostra epoca.
Sempre di più...
Per questo io  leggo spesso " la pedagogia..." , per riflettere sui miei errori e per non smettere mai di rallentare...né di ascoltare!
Approfitto di questo momento per ringraziare Alice che ci ha regalato una sua poesia sul Natale e mi ha fatto ripensare alla nostra lumaca che lascia la scia...una scia di bellezza!

sabato 14 dicembre 2013

Mi scappa mi scappa mi scappa una storia!!!!

Ciao a tutte...
So che mi date per dispersa, ma sto vivendo un intenso periodo di lavoro e sto cercando di scrivere, in più leggo, anche se in maniera meno continua...
Io lavoro con le parole e con le emozioni, le mie e quelle dei bambini, ma anche quelle delle colleghe con le quali tutti i giorni condivido delle meravigliose giornate di lavoro. A volte queste parole vanno via così velocemente che a fine giornata mi mancano e non riesco a parlare dei miei amati libri!!!
Però ci sono e spero voi guardiate ogni tanto quello che scrivo!
Da molto tempo vorrei parlare di un'autrice di Cesenatico che per me rappresenta una delle tante, piccole e luminose stelle del mio cambiamento di vita, di città, di lavoro...
Lei, sin dal primo mio anno qui, nel 2007, mi ha accolta con un sorriso e mi ha guidata nel mondo della letteratura per l'infanzia. Non solo come autrice, ma anche come narratrice e lettrice, un'altra magnifica presenza che lavora con emozioni e parole.
Tutte voi la conoscete, è Elisa Mazzoli, la nostra cara Elisa che col suo progetto Brio, con le sue storie, con le sue magiche narrazioni per le strade e nei luoghi preziosi del nostro paese - gioiello, si prende cura delle nostre conoscenze letterarie e ci permette di condividere tanta letteratura con i nostri bambini. 
Oggi parlo di due suoi libri, ma ELisa ha scritto e scrive tanto...Mio nipote Matteo che ha un anno e mezzo è già un grande ascoltatore di storie e tra le sue preferite ci sono quelle di Elisa Mazzoli!
Il primo libro del quale voglio parlarvi è "Mi scappa una storia", l'ho scoperto quest'anno in libreria e l'ho portato a scuola a Settembre nelle mie classi seconde...
Non ho ancora finito di leggere tutte le storie, perchè vorrei portarlo con noi tutto l'anno, ma è inutile dire quanto siano "impazziti" di gioia i miei alunni non appena l'hanno scoperto. In molti, infatti, sono corsi in libreria per prenderne una copia. 
Il libro affronta delicatamente molte tematiche care a tutti noi (Spero!), c'è una lettura del reale e delle sue criticità attraverso personaggi legati al mondo dell'infanzia e c'è, cosa fondamentale, sempre la chiave giusta per superare problemi e difficoltà. Questo è un libro specchio, nel quale i bambini possono rispecchiare le proprie ansie, le proprie paure, i propri momenti di rabbia, i litigi con gli amici...il dolore per una perdita, è un libro che parla anche di questo, del vuoto lasciato da chi non c'è più e riesce a farlo nel modo più delicato che io abbia mai letto. 
"Mi scappa una storia" è anche un libro "faro" per noi adulti, che guarda verso i nostri bambini e legge le loro emozioni. Il libro contiene un CD con le sei storie raccontate da ELisa, sette canzoni, una per ogni storia più quella pazza e bellissima introduttiva "Mi scappa una storia" e sette basi musicali...
Ho un alunno molto speciale che si è innamorato della canzone di Mucca Marina e vi giuro che me la chiede tutti i giorni...Io ho la mia borsa da "dottore" con le  magiche "pastiglie-letture"e quando tiro fuori il CD  lo rendo davvero felice!
Anche mia sorella che abita a duecento chilometri da qui ogni tanto, quando mi chiama al telefono, esordisce : - Sei pronta! Sei pronto! Sei pronta! - 
La magia di Elisa...e nel caso delle musiche di Silvio Bertozzi...e nel caso delle illustrazioni di Francesca Assirelli. 




Un'altra sorpresa di Elisa è stata  "Noi"..., un libro che racconta la diversità dal punto di vista di un bambino, Filippo, che percorrerà la strada della conoscenza del suo strano, brutto, goffo compagno Occhione, per caso, per una coincidenza che vede le  mamme dei rispettivi bambini costrette a portarli a scuola durante una riunione con le insegnanti. Filippo dapprima è spaventato, si identifica ancora con il suo gruppo di compagni di classe, siamo in una scuola primaria, che deride e ha paura del compagno diverso, che, non solo si differenzia nell'aspetto fisico, ma ha anche negli atteggiamenti ritenuti bizzarri. 
Occhione compie gesti che sembrano strani, il primo tra tutti è stare solo, non avere un NOI, un gruppo intorno a sé, sicuramente non per sua scelta. Occhione cerca nella terra, scava, ha sempre le mani sporche, non fa gli stessi giochi che fanno gli altri, non corre, cammina a piccoli passi, non sa le cose che sanno gli altri, i NOI, e a scuola prende brutti voti. Occhione non è il modello vincente sul quale devono formarsi i nostri figli sin dalla nascita, Occhione è diverso e nessuno vuole stare con lui.
Così Filippo quel giorno si avvicina e scopre Occhione, scopre che lui sa tante cose, scopre che può insegnarli tante cose, scopre che lui ha il suo stesso nome e una voce sottile che dice tutto, scopre che lentamente il tempo scorrerà e che Filippo, è il nome di Occhione perché Occhione è solamente l'etichetta che gli hanno dato i compagni di scuola, potrà insegnargli i nomi delle stelle, ma ci vorrà tempo, il tempo per Noi. 
Io mi sono commossa quando ho ascoltato la lettura di Elisa al progetto Brio e non ero l'unica, il libro è qui con me, autografato dalla mia amica autrice e spesso lo rileggo e guardo le bellissime illustrazioni di Sonia MariaLuce Possentini. 
Penso alle emozioni dei bambini con disabilità, al loro mondo interiore e vedo...vedo, perché io sono una maestra e vivo accanto ai bambini, tanti, diversi, meravigliosi bambini...
Vedo quanto sia difficile  avvicinare e farsi avvicinare dai coetanei, perché i bambini, i ragazzi, sono proiettati su loro stessi e non hanno il tempo per abbracciare esistenze diverse, non hanno il tempo per rallentare, fermarsi, soffermarsi...
Per questo dobbiamo essere noi adulti a raccogliere la sfida, a credere quanto sia speciale e quanto arricchisca la diversità, non solo quando questa è disabilità, ma anche quando questa è diversità sotto tutti gli aspetti: da quelli culturali a quelli emozionali. 
Questo è un libro luce, andrebbe letto più volte quando scende la notte e Noi adulti dimentichiamo le cose importanti, andrebbe letto quando tutto si muove velocemente e i nostri "uomini che verranno" non hanno il tempo per guardare la vita, l'altro e loro stessi e i molteplici e meravigliosi mondi umani che abitano la terra. 



giovedì 3 ottobre 2013

Vai Achille!!!!

Sono troppo orgogliosa di condividere con voi il successo di una persona a me tanto cara, il nostro sognatore...che è Artista.
Ivan, il fratello di Francesco, ha vinto un concorso indetto dalla Canon partecipando con il suo cortometraggio più bello...
Io amo il cinema e lui per me è nel Cinema!

Bravo Ivan!!!!

Questo progetto è germogliato a Cesenatico, sul balcone di casa nostra, tra tramonti, mattine e serate!


Guardatelo....
http://vimeo.com/channels/canonitalia


AL TERAMANO IVAN D'ANTONIO IL PREMIO 

NAZIONALE DELLA CANON: MIGLIOR VIDEOMAKER

MONTORIESE, 29 ANNI, REGISTA E MUSICISTA, HA VINTO IL CONCORSO "CANON LA GRANDE OCCASIONE"
Immagine Anteprima
di Paola Peluso
Al talento montoriese Ivan D’Antonio, 29 anni, pittore, scultore, musicista, regista, avevamo dedicato a novembre 2012 uno speciale sul nostro mensile “Per Te”. Pochi mesi dopo torniamo, con piacere, a parlare di Ivan: è lui, montoriese doc, ad aver portato Teramo al primo posto assoluto nel concorso nazionale Canon La Grande Occasione. Un concorso prestigioso per chi, come Ivan, lavora con le emozioni usando le immagini. Il cortometraggio “La buona occasione” si è classificato in cima alla lista e Ivan D’Antonio si piazza tra i migliori video maker italiani. Il concorso bandito dalla Canon ha permesso ai migliori videomaker di tutta Italia di ottenere in prestito e girare una clip (massimo 7 minuti) con la Canon EOS C100 o C300: ha riscosso un grande successo e l'iniziativa è stata caratterizzata da una grande varietà e qualità di filmati ammessi alla fase finale. Il corto di Ivan D’Antonio, girato a Teramo su un mezzo pubblico, tra viale Crispi, via Pannella ed altri scorci cittadini, è stato valutato il migliore: Ivan si è aggiudicato, così, il primo premio ossia un kit di ottiche CN-E85mm T1.3 L F; CN-E50mm T1.3 L F; CN-E24mm T1.5 L F. Alle spalle del registra montoriese si sono piazzati Stefano Giovannini (con “Basta con la luna”) e Davide Abate (con “Nowhere”). Il protagonista del corto “La buona occasione” è Achille, un ragazzo sulla trentina che, nonostante il periodo di crisi in cui chi ha un lavoro se lo tiene stretto, decide di lasciare il suo impiego per dare una svolta alla sua vita ormai scandita da una triste routine. Sale a bordo di un autobus di linea, di quelli che vediamo e usiamo quotidianamente tutti noi, ed è qui che, coccolato dagli assidui pendolari diventati ormai amici, trasforma la sua scelta nel cambio di rotta al destino di qualcun altro. Da vedere. La Canon l’ha già premiato. Un talento teramano che cresce. Premio dopo premio. Occasione dopo occasione...

03 ottobre 2013


Petit(e) mais Grande!

Questo è stato un colpo di fulmine.
Estate.
Sono passata in libreria a Cesenatico, Cartamarea...il nome ti coccola già, entri e poi ti perdi nella bellezza dei colori della carta stampata e non solo, la marea delle parole ti porta lontano.
Sono entrata e dopo aver salutato Francesca, ho girato gli occhi verso la vetrina...
"Maestrapiccola", l'ho preso, l'ho sfogliato e l'ho scelto.

Letto subito, sempre al mare, veramente cullata dal vociare delle persone che da sempre mi aiuta a concentrarmi sulle cose...
Allora...dalle maree, dai colori della carta stampata, dal vociare della gente al mare... vorrei consigliarlo a tutti gli adulti!
Sono frammenti di vita vissuta da una maestra di Bologna che ha uno splendido blog omonimo e che ci regala un anno di scuola visto con gli occhi dei bambini...
Da Settembre alle vacanze, pagine e pagine sulle quali gli adulti dovrebbero proprio riflettere, ma non come educatori o genitori, piuttosto come abitanti del mondo, cittadini, custodi degli uomini che verranno...
Questo è un libro che parla...
Un libro da tenere sempre vicino al proprio letto, quelli da riflessione serale, quando tutte le cose che hai detto e non avresti né voluto, né dovuto dire ti presentano il conto, quando uno spaccato di vita reale, può diventare una voce universale.
Grazie maestra piccola

Germinie Lacerteux....la disperata ricerca d'amore di una donna sfortunata

Forse sarà perché la storia è ambientata a Parigi nella seconda metà dell'Ottocento, forse sarà perché sono inspiegabilmente attratta dal Naturalismo francese e da Madame Bovary, forse sarà perché mi ricorda la mia vita all'università, ma Germinie Lacerteux è uno dei miei romanzi preferiti e quando ho scovato una vecchia copia della Biblioteca Universale Rizzoli al mercatino di Cesenatico, non ho potuto resistere, ho abbandonato le letture che stavo facendo e mi sono dedicata per un giorno intero alla magnifiche pagine dei fratelli De Goncourt....
La storia tra me e questo romanzo è molto bella,mi fa ancora sorridere...
Faceva parte di una serie di libri da leggere per un esame di letteratura francese e io ne presi una copia in lingua originale alla biblioteca provinciale di Pescara, la città nella quale studiavo.
In quel periodo cercavo di corteggiare un ragazzo che mi piaceva tanto, dico che cercavo di corteggiarlo, perché tutte le volte che facevo in modo di incontrarlo, che pensavo a una scusa o a un'occasione per trovarmi sulla sua strada, lui non c'era.
Una volta era andato a vedere un concerto, un'altra volta era tornato a casa perché doveva suonare e un'ultima volta, il giorno della biblioteca e di Germinie, era dovuto rientrare dai suoi perché aveva preso la rosolia.
Così io, per ben tre volte, mi ero ritrovata a parlare con il suo coinquilino, che nel frattempo aveva pensato che andassi da loro per cercare proprio lui...
I libri lanciano messaggi!
E io quella volta dei De Goncourt, avrei dovuto capire che era meglio lasciare perdere, uno perché io avevo preso la rosolia a dieci anni e il ragazzo in questione a venti e mentre cercavo in tutti i modi di incontrarlo e due perché la povera e sventurata protagonista del romanzo era stata vittima della vita e dell'amore e, avendo cercato in tutti i modi di tenere legato a sé l'uomo che disperatamente amava oltre la sua stessa vita, aveva violentemente consumato la sua anima e il suo corpo fino alla morte.
E la vita, anche nel momento della morte, era stata così crudele da non offrirle nemmeno la degna sepoltura, o tra le sepolture più indegne, una croce che, nella terra dei corpi di nessuno, dicesse: - Qui giace il povero corpo della sventurata Germinie-. 
I libri lanciano messaggi e io ero troppo giovane, così quel pomeriggio tornai a casa, iniziai a leggere il romanzo, ma non capii che era meglio lasciare perdere il ventenne con la rosolia per il quale provai una sorta di convinto trasporto, che non diventò mai il mio ragazzo, ma diventò un mio amico e che poi si è trasformato in nulla...
Si è dissolto nell'acido della quotidianità.
Questo è un romanzo da leggere tante volte, da sottolineare, è un romanzo dal quale bisogna prendere intere sequenze e riportarle su un quaderno.
La storia è ispirata a un fatto realmente accaduto, pare che i due De Goncourt avessero una serva fedele e adorata della quale scoprirono la doppia, inquietante vita solo dopo la morte. 
I due fratelli ne furono così sconvolti che indagarono sulle vicende della giovane Rosa, la loro serva morta, e da quel personaggio reale venne fuori la doppia vita di Germinie Lacerteux, sfruttata fino alla fine dei suoi giorni dall'uomo che amava e che l'aveva portata a indebitarsi con tutto il paese, che l'aveva privata di tutto, del rispetto del paese, del rispetto di se stessa, della volontà di essere madre, della sua femminilità, dell'orgoglio dei suoi anni, della sua salute. 
La grettezza dell'uomo, che Germinie aveva accudito come un figlio quando era ancora un ragazzino, non riusciva a superare quella della madre, la lattaia, che nel modo più cinico e crudele di sempre, non aveva esitato a spingere il figlio tra le braccia della donna, molto più grande di lui e tanto fragile.
Germinie era affamata di vita e di amore, ma destinata a non placare la sua fame, anche l'amore dei figli le viene strappato dalla crudeltà della sua condizione sociale. Lei era nata povera e sfortunata, non aveva il diritto di migliorare la sua condizione. 
Quando si legge questo libro, i personaggi appaiono come liquefatti nei colori scuri del rosso e del nero, sembra che la durezza dei loro pensieri e delle loro azioni scivolino sulla tela di un pittore fino a renderli irriconoscibili. 
" E se andava per le strade, esplorando la notte, con l'andatura sospetta e furtiva delle bestie che frugano l'oscurità, con l'appetito che cerca la preda. Come uscita dal proprio sesso, era lei ad assalire, a sollecitare la brutalità; abusava dell'ubriachezza, a lei dovevano cedere...
Le due vite di Germinia Lecerteux, p. 186, Biblioteca Universale Rizzoli, terza edizione"

Inutile poi dire quanto magnifiche siano le sequenze descrittive, seguendo le quali, si potrebbe dipingere...

"Quando ritornavano ella voleva risalire sulla scarpata. Non c'era più sole. Il cielo era grigio, all'orizzonte, rosa più sopra, e azzurrastro in alto. L'orizzonte si oscurava; il verde si faceva più cupo, sordo, i tetti di zinco delle mescite assumevano riflessi lunari, fuochi cominciavano a rompere l'oscurità, la folla diventava grigia, e il bianco dei panni stesi si faceva azzurro. Tutto a poco a poco si cancellava, sfumava, si perdeva in un residuo di giorno morente senza colore...ibidem, p. 73"

Mi fermo qui, lo so, le mie non sono vere e proprie recensioni, ma dichiarazioni d'amore verso i libri che leggo, che sono parte di me...è molto tardi e do la buonanotte alle amiche che so che mi leggono, che ogni tanto sbirciano sul blog per vedere se l'ho aggiornato...
Devo parlare di molti libri, ma queste parole d'amore possono attendere, perché possono arrivare solo quando sono pronte e la testa e il cuore di chi le contiene sono liberi da altri pensieri...
Altrimenti si fermano.
Kisses
 

mercoledì 4 settembre 2013

Arrivano!!!!!

Devo parlare di molti libri, ma ho fatto fatica a stare in casa quest'estate!
La mia casa era la spiaggia e questi qui sotto e altri di loro mi hanno fatto compagnia...
 

mercoledì 28 agosto 2013

Cécile, un regalo inaspettato.

Quando ho iniziato a fare l'insegnante, sette anni fa, sono stata assalita da paure e senso di inadeguatezza, ho sentito su di me un peso e una responsabilità indescrivibili. Era il mio sogno poter continuare a studiare da lavoratrice, trasmettere l'amore per le cose e la conoscenza e vedere crescere i bambini, vedere qualcosa di buono del mio passaggio sui loro visi...
Ma avevo paura, temevo di non farcela, di sbagliare, di perdere la pazienza, di ferirli, di non essere Maestra... I motivi erano molti e sono ancora dentro di me, intimi e spaventati, come lo ero io da bambina, fino a vent'anni.
Non so dirvi, quindi, quanto mi abbia commossa e resa felice ricevere in prestito il libro del quale sto per parlarvi. Grazie Lorenza, amica libraia, questo prestito per me rappresenta uno dei complimenti più belli che abbia mai ricevuto in vita mia, dopo " Ma te che lavoro fai?" di Tommaso, mio ex alunno e " Vorremmo essere come te" di Sofia e Gaia, mie alunne di prima elementare, che da grande vogliono diventare maestre...
E così arriviamo a Cécile, il libro di Marie - Aude Murial che è passato nelle mie mani, da quelle meravigliosamente creative di Lorenza. 
Le prime pagine del libro ci presentano una giovane donna di ventidue anni che è all'inizio di una nuova pagina della propria vita. Timida e "invisibile", ancora fragile e spaventata per la grande "assenza", che si percepisce in tutto il romanzo, del padre morto quando lei era in terza elementare, inizia la sua carriera di insegnante nella prima elementare dedicata allo scrittore francese Louis - Guilloux. La sua insicurezza, il non sentirsi all'altezza della situazione è motivo di preoccupazione per il gentile Monsieur Montoriol, preside della scuola che è quasi sicuro, dopo il primo colloquio, che la giovane e dolce signorina Barrois, non resisterà più di un mese. Effettivamente l'inizio è complicato, l'insicurezza di Cécile è palpabile e colleghe e genitori ne avvertono "il pericolo", tant'è vero che la nostra protagonista avrà anche un'ispezione scolastica, per la quale verrà aiutata tantissimo dal preside che nel frattempo sente crescere la sua fiducia verso questa piccola e giovane maestra e una sorta di affetto e slancio che non provava da anni e che lo fanno sentire di nuovo vivo. 
Quello che Mademoiselle Barrois non riesce a trasmettere agli adulti, viene subito abbracciato dai suoi piccoli alunni che la amano, che si mettono nelle sue mani, che imparano ridendo, cantando e rendendo preziose tutte le loro diversità. Che magia in quella classe! Chi insegna può capire quanta vita ti rendano i bambini, anche se li porti a casa con te tutti i giorni, tutte le sere, se pensi a loro, alle loro piccole, grandi, speciali storie in ogni momento della tua giornata, anche se a volte, stanca e confusa, ti addormenti con gli occhiali inforcati e un loro quaderno sul cuore, perché quel quaderno è una parte di strada di quelle piccole mani che un giorno saranno grandi e non dovranno tremare...
Cécile questo lo sa, e non lo sa perché l'ha studiato all'università, lo sa perché è dentro di lei e supera il buio delle sue paure, perché è Maestra, non semplicemente abilitata all'insegnamento. Per questo il lettore, dopo un po', inizia a intuire che Cécile farà qualcosa di speciale e con lei anche gli altri personaggi, ognuno dei quali arricchirà l'altro in virtù delle proprie diversità non solo culturali, ma anche sociali. 
"Vive la République ",
titolo originale del libro è storia nostra, storia di secoli, che sempre continua a ripetersi, con gli stessi errori, gli stessi luoghi comuni e le stesse vittime inconsapevoli: gli esseri umani. Nelle vite dei personaggi del libro entrano a far parte i piccoli Baoulé che devono salvarsi e che salvano la scuola da imprenditori senza scrupoli, dai moderni vampiri che popolano il nostro universo e che non hanno nulla a che vedere con quelli belli, simpatici e altruisti di Twilight o belli, sensuali e coraggiosi di True blood. I piccoli dodici alunni della Louis - Guilloux, ivoriani, clandestini, vivranno una tragica e poetica avventura che riuscirà a riportare l'equilibrio nelle vite dei tanti personaggi presenti nel libro. Cécile, il coniglio Cacchetto e molti altri daranno una grande lezione di libertà a chi vorrà regalarsi il privilegio di leggere questo romanzo. 
Concludo con una riflessione e un dono; la riflessione è sulle figure paterne "presenti" nel libro, il papà di Cécile, che lei chiama sempre nei momenti di difficoltà, è morto. Il papà dei piccoli Baoulé è morto e quello dei cuginetti si trova nella condizione di clandestino e non può far nulla per aiutare le due mamme e i dodici bambini, in pratica è privato del suo ruolo genitoriale, il papà di Eloi è una figura assente e severa, presa dal ruolo di avvocato che assiste le persone a pagamento. Il giovane e ribelle Eloi ha deciso, infatti, di allontanarsi dalla sua famiglia e di vivere come se fosse orfano. Il dono che voglio farvi è "La libertà" di Giorgio Gaber, questo libro mi ha fatto pensare alle parole di Gaber e se lo leggerete, mi darete ragione.

giovedì 25 luglio 2013

Il cimitero dei libri dimenticati di Zafón...anch'io sono stata catturata da "L'ombra del vento"

La prima volta che ho sentito parlare di quest'autore e di questo libro è stato all'aeroporto di Fiumicino, quando Ivan, mio cognato, è partito per San Francisco e la sua storia con una splendida studentessa conosciuta a Firenze si stava frantumando. Ricordo che io gli regalai  "Morte di mezza estate" di Mishima da leggere durante il viaggio e, parlando di libri, questa dolcissima e solare ragazza, che da quel giorno non avrei più visto né
 sentito, mi scrisse "L'ombra del vento" e il nome dell'autore, su un vecchio biglietto del treno che avevo in borsa. Ho capito che tra loro era proprio finita quando ci siamo abbracciate e lei mi ha stretta forte a sé, come per memorizzare un profumo che sarebbe svanito presto. Ho tenuto con me quella piccola grafia per anni e non ho mai letto il libro, fino a oggi. Con una mia amica, Alessandra, ci siamo date un appuntamento "libresco al buio": tutte e due dovevamo portare un libro che avremmo letto e condiviso. Io le ho prestato "Cortesie per gli ospiti" di MC Ewan e lei "L'ombra del vento"...Così ho aperto la prima pagina sul "Cimitero dei libri dimenticati" e da quel momento, come Daniel, il protagonista del romanzo, ho rincorso Julian Carax. Zafon racconta il lungo viaggio di Daniel verso la vita adulta, passando attraverso gli scaffali della libreria di famiglia e l'adozione del misterioso libro di Carax "L'ombra del vento", libro che gli cambierà radicalmente la vita e che il piccolo protagonista, undicenne, ha scovato nel Cimitero dei libri dimenticati, luogo segreto e sacro nel quale lo conduce il padre. Luogo anch'esso legato alle vicende dello sfortunato Julian Carax. Luogo di memoria,  luogo di passaggio e di cambiamento. La grande metafora di questa complessa vicenda, all'interno della quale ogni personaggio acquista un peso narrativo imprescindibile al tessuto della storia, è il valore concreto che ogni libro assume nelle vite del lettore. Da adolescente pensi che i libri ti cambino davvero la vita, da adulto ne sei convinto, perché ti rendi conto dei tuoi cambiamenti e delle tue riflessioni, allora li guardi, sono lì vicino a te e li cerchi per trovare conforto o per dissolvere dubbi o per sorridere...Sono lì, pronti a cadere nelle tue mani, a farsi sfogliare, a farsi annusare, a far vedere quanto siano ingialliti, dimostrazione del fatto che ti seguono da tanto, che prima le tue mani erano piccole e più bianche, oggi sono grandi mani.   
"Sono cresciuto tra i libri, in compagnia di amici immaginari che popolavano pagine consunte, con un profumo tutto particolare." (Cfr. ibidem p.7)
L'ombra del vento può essere considerato un romanzo di formazione, all'interno del quale il protagonista compie un'evoluzione fisica, emotiva e spirituale e riesce a elaborare un lutto, la morte della madre, ritrovandone definitivamente il volto che non riusciva a ricordare e facendosi accompagnare verso una delle tante discese della vita, che chiudono mondi e aprono universi. 
"In quell'istante rividi il volto di mia madre, il volto che avevo dimenticato tanti anni prima, come se avessi ritrovato un fiore tra le pagine di un libro. La sua luce intensa mi accompagnò durante la discesa." (cfr. ibidem p. 418)

martedì 23 luglio 2013

Se il diavolo porta il cappello...la rabbia e il coraggio di Ciro

Le persone che abbiamo intorno, lo dico sempre, ci cambiano la vita, costruiscono con noi i sentieri della conoscenza o ne condividono semplicemente il percorso e le gioie che da essi scaturiscono...Condivisione...Quanto amo e quanto credo in questa parola. "Partecipare insieme con altri allo spiegarsi delle cose, alla rivelazione della vita..."  Per il prossimo libro dico grazie a Rossella, la mia amica libraia di Cesenatico e alla piccola, grande Emma, una mia ex alunna che sarà una donna davvero speciale! Il giorno del mio compleanno "Se il diavolo porta il cappello" è arrivato a me grazie a queste due magnifiche creature...

Questo libro vuole poche parole, va letto, occorre tornare indietro, capire chi parla quando l'autore cambia carattere di scrittura, è la speranza di Ciro? La speranza di un ragazzino tanto infelice, tanto tormentato, tanto solo diventa parola? Siamo nel dopoguerra, fa da sfondo alla storia di Ciro un bellissimo e rurale paesaggio toscano, paesaggio che trasuda magia come tutta la nostra penisola ne è stata pervasa soprattutto in quegli anni. Ciro, figlio di una "strega" che ha osato amare l'uomo che non era stato scelto per lei, Ciro, figlio dello straniero che ha promesso al suo amore di tornare, Ciro, vittima del pregiudizio, lui, così biondo, così diverso dagli altri bambini, ricorda, con la sua presenza, la sua diversità, il peccato della madre, quella donna che nessuno, a parte la cara e dolce Nandina, vuole aiutare. Ciro, il nome con il quale il padre, che è stato a Napoli, chiama tutti i ragazzini, forse perché,  soldato americano, pensa che quella parola indichi il sostantivo "ragazzo". Ma forse Ciro in questa storia è un nome che racchiude in sé il destino dei molti bambini nati dalle ceneri di un paese sopraffatto dalla guerra. Di un paese macchiato, violato, ucciso dalla barbarie del secondo conflitto mondiale. Ciro, come "gGiro" della "Tammurriata nera", quella creatura "nira nira" nata dal ventre di una donna napoletana, Ciro, marchiato dal colore della pelle che urla la sua diversità, nonostante i paesani cerchino di dargli nomi come Francesco e Antonio, Giuseppe o Ciro quel bambino è nero come non si sa...Mentre il nostro Ciro, così chiaro, viene chiamato così solo dalla sua mamma e da Nandina, perchè per tutti gli altri"...sono l'americano, o, peggio ancora, il bastardo di Mara, la figlia di Sigaro." (cfr.p.15 ibidem) Ecco, Silei mi ha fatto pensare anche al testo di Nicolardi, "La tammurriata nera", canzone nata da un fatto realmente avvenuto, ma come si legge nello stesso testo, "Ne parlano le donne di quest'affare: Questi fatti non sono rari se ne vedono a migliaia!"(cfr.Canzoni contro la guerra). Peppe Barra ne interpreta una versione meravigliosa, ho avuto la fortuna di vederlo dal vivo e per la prima volta ho ascoltato le parole di questa canzone, lui ne ha trasmesso la crudezza, il valore storico e il tragico, reale significato...


"Se il diavolo porta il cappello" può celare bene le corna, il suo aspetto animalesco e agire indisturbato, compiendo rituali e sortilegi...Silei tesse una tela che aumenta di ritmo mano  a mano che questa si dispiega rivelando misteri e meraviglie.  Vi ho trovato delle  magnifiche sequenze descrittive e personaggi dal forte impatto emotivo. 
Silei riesce a non cadere mai nel banale, a non farsi scoprire dal lettore esperto e a non fare abbandonare queste magnifiche duecentosessantaquattro pagine su un qualsiasi comodino... 

mercoledì 10 luglio 2013

Follia e una madame Bovary dell'Inghilterra degli anni '60

Il mio incontro con questo libro di Patrick MCGrath è avvenuto per caso, in una libreria di Verona, quando, dopo aver camminato tutto il giorno per la città, ho poggiato lo sguardo sulla vetrina colma di libri. 
Il mio tempo in questi luoghi si dilata e spesso mi rendo conto di passarci dentro delle ore, a toccare, leggere, annusare e sfogliare, ma a Verona ero con mio marito che, essendo un uomo pratico e risoluto, ha preteso, a un certo punto, che scegliessi il libro che volevo. 
Volevo comperare un'edizione di " Lolita ", perché è un classico che mi manca in libreria, ma ne ho stranamente perso le tracce e mi sono imbattuta su questo autore a me sconosciuto. Così ho scelto Follia, incuriosita dal tema dell'ossessione amorosa. 
Dalle prime pagine mi sono appassionata al linguaggio asciutto, quasi tecnico dal punto di vista psichiatrico, che mi ha fatto pensare ad alcuni romanzi dell'epoca vittoriana, vedi 
" Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde" di Robert Louis Stevenson. 

Il contenuto e la descrizione dell'animo femminile, della triste e passionale Stella Raphael, mi hanno fatto pensare alla mia amatissima Madame Bovary, povera creatura schiacciata dai sui stessi sogni, quei sogni che la società e le scelte di una breve e triste vita sono rimasti meravigliosamente tali e l'hanno portata, in un definitivo atto di coraggio, a lasciare la terra pur di non affrontare la vergogna alla quale l'avrebbero sottoposta le  regole del suo tempo. 



Per questo la bellissima e triste Stella Raphael mi ha subito affascinata e sono stata rapita dalla sua storia al punto di leggere il libro appena riuscivo a rubare un po' di tempo alle cose pratiche della mia quotidianità. 


Stella è la moglie di uno psichiatra in carriera che forse diventerà il direttore di un manicomio criminale di massima sicurezza, una specie di cittadella fortificata di architettura vittoriana. Siamo nel 1959, la famiglia Raphael si trasferisce nella residenza situata vicino all'ingresso principale dell'istituto. Sono in tre, Stella, il dottor Max Raphael e il piccolo Charlie. Le loro sono vite fatte di solitudine, di desideri individuali che non sono condivisi, di sogni che si frammenteranno come i vetri rotti della serra che Edgar Stark deve sistemare e come la passione che, violenta, romperà, un fragile e finto equilibrio fatto di silenzi urlati. Stella ed Edgar, un paziente uxoricida, si abbandonano alla passione che in breve tempo li travolge, come se dovessero aggrapparsi alla vita, come se avessero bisogno l'uno dell'altra per respirare, come se nascessero per la prima volta e capissero cosa voglia dire respirare. Per Stella quest'incontro rappresenterà il primo passo verso il buio, un buio che le ruberà tutto, ma forse la renderà libera, libera e forte: di scegliere e di sbagliare, di agire in qualsiasi modo pur di cancellare questo sentimento divorante, di volare e di addormentarsi, di amare e di perdersi.
Il libro è denso di indizi che portano alla tragica evoluzione degli eventi che cambiano repentinamente tingendo la lettura di colori foschi, la stessa meravigliosa Stella assume via via le tonalità del grigio...fino a diventare di tulle...un velo malridotto e appesantito dagli strappi.

domenica 5 maggio 2013

Il suono dei desideri


Anche questo bellissimo albo è passato dalle mani di una mia amica libraia, alle mie. Intorno a noi c'era tantissima gente e le voci si propagavano allegre per tutto lo splendido Porto Canale di Cesenatico. C'era un mercatino. Era buffo, perché tra ninnoli, abiti, accessori, utensili per la casa, profumi e cibi regionali se ne stava, piccola ma orgogliosa, la bancarella della libreria. Era affascinante con le sue sedie colorate, piccine piccine come quelle della fiaba di "Riccioli d'oro", con le sue  bambole di stoffa fatte a mano e i tanti libri di tutte le dimensioni e dai mille colori.
Immersa nel dolcissimo trambusto del mercato, riscaldata da un sole che si è svelato per poche ore e "sfamata" di titoli dalle mie amiche libraie, mi sono letta questo piccolo contenitore di poesia. 

"Un bambino e il suo papà si dirigono in montagna di buon mattino, il bimbo è ancora assonnato, ma il suo papà gli mostra la magia dell'eco, insegna al suo piccolo come chiederle le cose e per farlo, inizia lui...Così il bambino pensa a quello che potrebbe fare con i doni della dolce Eco, ma presto dovrà essere lui a chiedere qualcosa, così come ha fatto il suo papà...Cosa gli regalerà l' eco?"

Le immagini e le parole dell'albo ci riportano a una dimensione umana che nei nostri giorni si sta un po' perdendo, forse perché abbiamo tutto a portata di mano: la dimensione del desiderio e del sogno. 
Le immagini sembrano uscire fuori dal foglio per inondare la realtà dei colori della fantasia e per rendere paesaggi, già meravigliosi come quelli toscani, ancora più fiabeschi o mitologici se vogliamo pensare alla ninfa Eco.
La lettura fatta ai bambini è divertente e alla fine anche molto commovente, ma non svelerò altro, perché vale la pena leggerlo, guardarlo, annusarlo...con i vostri bambini o solo per voi, perché la lettura è una terapia...

L'Eco
di Alessandro Riccioni
illustrato da David Pintor

edizioni Lapis - i Lapislazzuli


giovedì 2 maggio 2013

...e ricordatevi che i libri non mordono!

Ed eccomi qui a parlare di letteratura per l'infanzia. Insegnando italiano in una scuola elementare, ho la fortuna di leggere molti libri dedicati ai nostri "uomini che verranno" . La lettura dell'adulto, ad alta voce, è il momento più dolce e atteso della giornata. Questa ha il sapore di un piccolo "armistizio" tra maestra e bambino. Con essa arrivano comprensione e unione, ci si raggiunge in un luogo emotivo nel quale tutti possiamo sentire e farci sentire, pur attraverso l'ascolto da parte dei bambini e il dire da parte dell'insegnante che, in quel momento, presta la propria voce ai pensieri degli autori e, nello stesso momento, riesce ad ascoltare le voci silenziose dei propri alunni. 

Sento il dovere di dire grazie a molte persone, se posso parlare di certi libri, la mia ricerca personale non basterebbe a scoprire l'immenso mare di libri dedicato all'infanzia e all'adolescenza. Tante cose che conosco e alle quali mi sono appassionata, le devo proprio alle persone che ho conosciuto, sarò sempre grata a tutte loro, alcune passate, altre presenti...merci!

Questo libro è arrivato in classe dalle mani di una mia piccola alunna e quando l'ho aperto per leggerlo a tutti, così, senza averlo letto prima e pronta a scoprirne il contenuto, la magia ha trovato dimora nella nostra classe, anzi, nelle nostre classi. 

Nel mondo ci sono tantissime cose, alcune meravigliose, altre molto brutte, ci sono persone, animali, luoghi completamente diversi tra loro: 

..." Nel mondo ci sono artisti che rendono la vita più bella."...
..." Ci sono malati che piangono."...
..." Ci sono alunni che cantano."...

Tutte queste "meraviglie e miserie" sono illustrate da Robin e ricordate dall'autore francese Benoit Marchon.
Mentre leggevo e mostravo ai bambini le immagini, questi piccoli maestri partecipavano con il loro assenso o dissenso a quello che sentivano: urlavano di gioia per le cose belle e si lasciavano andare a forti - Buuuuuuu-  quando immagini e parole evocavano le cose spiacevoli della terra. 
"Nel mondo ci sono" avvicina il lettore e l'ascoltatore l'uno all' altro e ambedue al Mondo.

mercoledì 1 maggio 2013

" la scrittura è il luogo in cui mi sono innamorato di lei..."

Inauguro il mio blog con l'immagine di copertina del libro della Nothomb dal quale prende nome questo spazio dedicato alla parola. Ogni volta che riuscirò a dare forma scritta ai miei pensieri sui libri, lo farò proprio qui. Tutto ciò per me rappresenterà la vittoria di chi non possiede il dono della sintesi, se non attraverso la scrittura. 
Amélie, mon amour, l'ho conosciuta sette anni fa, un mio collega, fine lettore, misantropo oltre la definizione stessa del termine, appassionato di musica, mi aprì le porte su questa eccezionale ed elegante scrittrice contemporanea. Da quel momento non ho più smesso di leggerla e rileggerla, lei non è solo una scrittrice, ma è un'eterna innamorata della parola, riesce a dare a quest'ultima una vita propria. La parola in Amélie è azione e rende il lettore attivo nella ricerca della parola stessa. Lei non è un'autrice per un lettore distratto, impone la calma, la lentezza, la ricerca, lei prende il tuo tempo mentale ed emotivo e per questo, dopo averla amata la prima volta che la leggi, attendi trepidante che torni a inondarti di parole. Non è questo il primo libro che ho letto, la mia passione è nata con "Biografia della fame", ma ci sarà tempo per parlarne...
Rondine è la vittima di un serial killer dalle tante identità, di un uomo che da un momento all'altro decide di strapparsi metaforicamente il cuore, di uccidere tutti i suoi sensi per non soffrire, non provare il dolore di chi ha avuto una delusione amorosa. Il racconto del nostro uomo che subisce una metamorfosi sensoriale è scritto in prima persona, come un diario, che via via, ci svela un finale che di sicuro lascia sorpresi. Il diario di Rondine, in sé semplice oggetto che sembra non avere alcuna importanza, costituisce in realtà il sacro contenitore di una parola che non si può svelare...
I curiosi pagheranno con la vita!